Cenni Storici

Parlare di Castronovo è come aprire uno scrigno. Al suo interno è custodito, infatti, un vero tesoro, rappresentato da una storia ricca di fatti ed eventi che l’hanno vista, da sempre, protagonista in tutte le fasi che hanno caratterizzato le vicende dell’isola. Le lontane origini di Castronovo di Sicilia trovano conferma nell’esistenza di un insediamento arcaico costituito da abitazioni trogloditiche nella contrada Grotte, sulle sponde del fiume Platani, riconducibili al popolo sicano. La prima perlustrazione scientifica di tali insediamenti, almeno in tempi recenti, risale al 1743, ad opera dello storico locale Vito Mastrangelo. Stante alla descrizione dello studioso, pare che le pareti di alcune grotte mostrino dei segni geroglifici. Nella grotta più grande, dove grondano gocce d’acqua, germoglia il Calpevenere, da cui l’antro prende il nome, in essa sono evidenti dei sedili scolpiti nella roccia. L’espansione militare di Agrigento e la conflittualità della stessa con Siracusa ed Imera, costringerà l’inerme popolazione sicana a trasferirsi dalla contrada Grotte all’altopiano del Cassaro, un sito più sicuro ed inespugnabile che dall’alto dei suo 1100 metri sovrasta l’attuale centro abitato. Ha così origine la città di Krastus. Secondo una recente e rivoluzionaria teoria potrebbero essere questi i luoghi in cui sorgeva l’antica città di Petra*. La tesi che la città di Crastus ebbe il suo sito sull’altopiano del Kassar trova riscontro nel riferimento storico che ricorda Falaride tiranno di Agrigento, il quale al fine di consolidare ed espandere il territorio agrigentino verso la zona settentrionale dell’isola lungo il corso del fiume Platani, fece costruire una fortezza che segnasse il limite tra i territori cartaginese, agrigentino e siracusano. Questa rappresenterà il primo nucleo di quella roccaforte denomita Krastus, dal significato etimologico greco, che sta a indicare una località particolarmente fortificata con abbondanza di pascoli ed acqua, di cui sono ancora individuabili le fondamenta. Le origini di Krastusvogliono farsi risalire al VI secolo a. C.. Nel 456 a.C. la cittadina fu teatro di una poderosa battaglia tra gli eserciti agrigentini, imeresi e geloi per il possesso della fortezza. Nel XIX secolo il professore Cavallaro rivelò la pianta della vasta città, misurando il perimetro di oltre 5500 metri, e individuando anche una serie di torri poste in punti strategici per rafforzarne la sicurezza. (*) Nello studio delle antiche strutture rupestri nella valle dei Platani ad opera di Vittoria Giustolisi, la ricostruzione del tracciato viario dell’itinerarium Antoniti Augusti, che in età romana congiungeva Palermo e Agrigento, ha avuto come obbiettivo principale l’identificazione delle prime tre stationes dell’itinerarium, a partire da Agrigento, ed il riconoscimento dell’antica città di Petra, collegabile com’era verosimile arguire, con la statio Petrina. La probabile ubicazione di quest’ultima nel sito archeologico che si estende per circa nove ettari intorno al casale di San Pietro, ha convinto il ricercatore che gli antichi stanziamenti che gravitano attorno all’odierno abitato (colle di San Vitale, il Cassaro e lo stesso sito di Castronovo) siano quelli in cui bisogna vedere l’antica città, ipotesi questa abbastanza rivoluzionaria. La città viene citata da diversi storici antichi; Diodoro riporta che la popolazione Petrina, successivamente alla conquista di Palermo nel 254 a.C. , dopo aver cacciato i cartaginesi, consegnò la città ai romani. Cicerone annovera Petra come città che patì i soprusi di Verra. Petra è però quasi unanimemente individuata in un area vicino a Petralia.

TRA ROMANI E BIZANTINI

La distruzione di Crastus è legata alle guerre servili. Furono i romani infatti, intorno al 105 a. C. che la demolirono per l’appoggio incondizionato dato dai suoi abitanti alla causa degli schiavi. La popolazione superstite di Crastus si disperse sull’intero territorio castronovese andando a costruire insediamenti sparsi a Regalxacca S. Pietro, Melia ecc…. Il nucleo più cospicuo, pare, si sia rifugiato sulla Montagna Reale o rupe di San Vitale. Il colle, pur presentandosi nelle dimensioni meno grande del Kassar, assicurava, per le sue caratteristiche e la posizione strategica, l’inespugnabilità. In questo sito la popolazione trascorrerà più di cinque secoli al cui dominio si alterneranno prima i bizantini, poi gli arabi ed infine i normanni.
Il rinvenimento di strutture sacre e resti fortilizi sono la testimonianza del passaggio del popolo bizantino. E’ da supporre che la città del periodo bizantino occupasse il colle San Vitale e parte della montagna del Kassar. Tale intuizione scaturisce da una lettera indirizzata dal capo della spedizione della conquista araba dei territori del fiume platani, all’Emiro Akdelhan Chbir che risiedeva a Palermo. La missiva racconta che i mussulmani attaccarono la fortezza distruggendo l’intero castello. La lettera indica che gli abitanti erano 13716; si deduce che una popolazione di numero così elevato non poteva vivere solamente sul colle San Vitale, ma doveva occupare, necessariamente, anche gran parte della montagna del Kassar.
Testimonianza del passaggio bizantino sono: un epitaffio in latino del 570 d.C. incastonato nella chiesa della SS. Trinità, un fonte battesimale ad immersionem, nel quale si narra sia stato battezzato San Vitale, la chiesa di rito greco di S. Maria dell’udienza posta sul colle S. Vitale, che fu antica matrice, i resti delle mura della fortezza del Kassar, ed infine il monastero bizantino di Melia che ha esercitato una forte influenza religiosa e politica, non solo sul territorio castronovese, ma anche su quelli limitrofi.

I NORMANNI E GLI ARABI

Dall’11 novembre 839 al 29 ottobre 940, gran parte del territorio dei Monti Sicani, fu conquistato dai mussulmani, e dunque anche Crastus ebbe la stessa sorte. Sotto il dominio degli arabi furono eseguiti i primi lavori di bonifica, iniziarono le pratiche irrigue e furono introdotte nuove culture. L’antico nome “Crastus” divenne, per la trasposizione della lettera “r” , Castrus e quindi Kars-nubu per gli arabi, cioè “dai bei dintorni, dalle molte entrate e produzioni del suolo, terre a seminativo, poste tra piccoli torrenti”, fino a divenire Castrum per i normanni. Si deve agli arabi la costruzione di due casali il Rabat (Rabatello), accanto a una ricca sorgente d’acqua ed il Rakal-biat , successivamente ribattezzato come Santa Maria della Bagnara, distrutto da una frana nella metà del settecento.
Al tempo in cui i normanni procedevano alla conquista della Sicilia, Kars-nubu era governata dal crudele emiro, Abu-Becher, Beco. Questi venne a uno scontro con un mugnaio di nome Aymo de Milatio, il quale, non sopportando l’affronto, si mise d’accordo con i normanni e durante la notte indicò loro un percorso segreto che consentì di calarsi, tramite delle funi, dalla montagna del Kassar all’interno della fortezza araba. Ciò permise la conquista della città senza alcuno spargimento di sangue. Il conte Ruggero fortificò i luoghi conquistati costruendo una fortezza che dominava la città, accanto al preesistente castello, con il quale comunicava per mezzo di una strada sotterranea. Sul colle di S. Vitale fece erigere una cappella dedicata a San Giorgio, la Chiesa del Giudice Giusto e tanti altri monumenti.
Dopo aver consolidato il potere, il conte Ruggero concesse la signoria della città al fedelissimo Ruggero di Barnavilla, cui succedette il figlio Rinaldo al quale fu in seguito tolta perché aveva partecipato alla rivolta dei baroni contro Guglielmo I.

DAL MEDIOEVO A OGGI

Castronovo è stata importante testimone di importanti eventi della storia siciliana. Federico II d’Aragona, dopo aver battuto gli angioini a Caccamo, Corleone e Sciacca, nel 1302 costituì il suo quartier generale nel castello di Castronovo iniziando le lunghe trattative che portarono alla pace di Caltabellotta. Si concludeva così la guerra del Vespro, iniziata a Palermo nel 1282. In seguito alla pace di Caltabellotta il sovrano concesse la signoria di Castronovo al suo fedele vassallo Corrado d’Aurea.
Castronovo rimase alla famiglia d’Aurea fino al 1391, anno in cui fu investito della signoria Manfredi Chiaramonte. Per iniziativa del nuovo signore, che aveva preso l’impegno di porre fine alla “guerra del baronaggio”, e dunque alle discordie interne alla Sicilia, a Castronovo, il 10 luglio 1391 nella Chiesa di S. Pietro, sulle rive del Platani, fu convocato il parlamento del regno. Nella stessa seduta i nobili siciliani deliberarono di non riconoscere Maritino re della Sicilia, in quanto l’aver sposato Maria, figlia di Federico III d’Aragona, dopo averla rapita, non gli dava il diritto di recriminare il regno di Sicilia. Nonostante il solenne giuramento dei baroni siciliani, Martino divenne re di Sicilia, e ciò, fu cause di discordie civili.
Il 10 luglio del 1401 l’università di Castronovo si dotava di un proprio statuto, sanzionato anche dal re Martino. Il documento apportava l’introduzione dei principi di diritto amministrativo in un regolamento municipale, costituendo un notevole progresso e un significativo riferimento per altri statuti delle città siciliane e, al contempo, dimostrava la maturità e l’ interesse di quella popolazione verso una politica amministrativa autonoma. Castronovo era terra ambita dai più potenti baroni siciliani e proprio per questo, dal XV al XVII secolo fu costretta per ben quattro volte a riacquistare il titolo di città demaniale per affrancarsi dal baronaggio.
Nel frattempo i borghi del Rabato e del Rakal-biat, che sorgevano ai piedi della rupe, andarono ingrandendosi sempre più per il progressivo spostamento della popolazione dal colle di S. Vitale, fin quando, agli inizi del secolo XV, si trasferirono anche le famiglie patrizie, compresa la regia Curia ed il Secreto con il Clero. Sorsero allora le mura ed i bastioni, di cui è circondata la città nel basso, che dal Pizzo, attraverso la Porta Grande e la Porticella, giungevano alle falde del Picco della Specola e, per la strada del Pozzo, attraverso la Porta di Mezzo, si collegavano alla base della rupe di S. Vitale, inglobando entro la nuova cerchia il castello normanno. Rimaneva fuori dalle mura il borgo di Rakal-biat, come luogo dove venivano relegati, in epoca normanna, i rei di lievi delitti.
Tra i tanti prestigi e riconoscimenti Castronovo vanta anche il titolo di “fedelissima”, conferito nel 1556 dall’imperatore Carlo V per la temerarietà dei castronovesi nel tenere alto il prestigio della propria città, per la loro dignità e il rispetto verso i governanti. Per questo e altri meriti, nel 1587, Castronovo divenne capoluogo di Comarca, sede dei Segreti e Preconservatori che, sotto la vigilanza dei Tribunali del Regio Patrimonio, riscuotevano i donativi, le regie imposte ed amministravano i beni dello Stato. Alla sua giurisdizione appartenevano undici terre baronali: Allessandria della Pietra (Rocca), Alia, Bivona, Cammarata, Campofranco, Casteltermini, Lercara Friddi, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina, Valledolmo. Nel 1812 il parlamento siciliano provvedeva alla riforma e al riordinamento dello stato ripartendo la Sicilia in ventitré distretti ed abolendo le comarche.

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E poter rivedere tutto, un sabato nell’estrema provincia, rimpetto la montagna di Cammarata, a Castro pingue e felice, protetta dal Kassar, da San Vitale, dal Calvario, e giù in pianura l’impiccolita stazioncina col treno non più grosso dell’indice, levarsi dalla locomotiva il fiocchetto bianco tardi seguito dal fischio, che già era di nuovo avviata; una asina per visitare i dispersi beni paterni, Sant’Andrea, le Grotte del Capelvenere, il molino detto Contessa, la cui gora atterriva mamma, e l’acqua finiva a rigagnolo nel Platani sassoso. (Antonio Pizzuto, Si riparano bambole, Sellerio, 2001, pp. 295-296).

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